Una larga e crescente porzione del contenzioso amministrativo nel settore degli appalti pubblici involge il caso tipico in cui un operatore economico che abbia partecipato ad una gara, manifesti il proprio interesse a conoscere la documentazione contenuta nelle “buste” presentate da altro concorrente per l’aggiudicazione di un appalto.
Non è sempre agevole operare un corretto bilanciamento tra le contrapposte esigenze di tutela: da un lato vi è il concorrente, che sia stato escluso o che si sia classificato secondo o terzo, il quale rivolge la propria istanza alla Stazione appaltante per conoscere gli atti della procedura cui ha partecipato; dall’altro, (nella maggior parte dei casi l’aggiudicatario) che ha interesse a tutelare i dati sensibili e riservati presenti nella documentazione presentata in sede di gara.
Occorre tenere presente in primis che la linea direttrice su cui l’interprete è tenuto a muoversi è quella della libera circolazione e diffusione delle informazioni, che incontra un ostacolo solo in presenta dell’esigenza di tutelare altrui valori costituzionalmente protetti ed inoltre che la partecipazione di un’impresa ad una gara di appalto pubblica comporta l’implicita accettazione delle regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione, cui consegue una inevitabile accettazione del rischio di divulgazione del segreto industriale o commerciale nonostante gli strumenti che l’ordinamento fornisce a tutela dello stesso.
Infatti, anche qualora un’impresa si opponga alla richiesta di accesso agli atti per la tutela di segreti tecnici e commerciali, deve essere riconosciuta la prevalenza dell’interesse defensionale del richiedente rispetto alla contrapposta esigenza di riservatezza o di segretezza.
Da quanto detto non deve trarsi la conclusione che i documenti di gara delle partecipanti ad un appalto siano esposte all’assedio di chiunque voglia compiere un accesso anche solo esplorativo o emulativo.
In tema di accesso alla documentazione di gara, la normativa di riferimento fa salvi specifici limiti all’accesso e alla divulgazione. L’art. 53 del Codice dei contratti pubblici, sebbene operi un rinvio alla disciplina generale di cui agli artt. 22 e seguenti della L. 241/1990, nei commi dal 2 al 6 prevede delle specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva proprio in considerazione delle particolari esigenze di riservatezza che possono manifestarsi nel contesto delle procedure evidenziali.
Il Codice dei contratti pubblici delinea una sorta di microsistema normativo che pur all’interno delle coordinate generali tracciate dalla Legge 241/1990, tiene conto delle peculiarità del settore considerato.
Mentre nella disciplina generale l’accesso è consentito ove necessario alla tutela della posizione giuridica del richiedente, senza che la legge sul procedimento restringa tale diritto alla sola esigenza di difesa in giudizio dell’istante, al contrario l’accesso nella materia degli appalti pubblici è strettamente legato alla sola esigenza di “difesa in giudizio”. Tanto è ulteriormente confermato dall’evoluzione che la normativa ha subito tra il vecchio ed il nuovo Codice dei contratti. Mentre il citato art. 53 del D.lgs. n.50 del 2016 consente l’accesso esclusivamente “ai fini” della difesa in giudizio, il previgente art. 13 del D.lgs. n. 163 del 2006 consentiva l’accesso anche solo “in vista” di una difesa in giudizio alla quale il concorrente poteva anche non addivenire.
Restrizione dell’accesso alla sola dimensione processuale significa che, in linea di principio, non è legittimato a conoscere gli atti di gara il concorrente che non sia più in termini per contestare la propria esclusione dalla gara o il soggetto che non abbia preso affatto parte alla procedura competitiva.
Una volta che l’istante si sia qualificato come soggetto diverso dalla generalità dei consociati in virtù di un interesse personale, concreto ed attuale alla conoscenza delle offerte di uno o più concorrenti alla medesima procedura ai fini della propria tutela in giudizio, incontra il solo limite rappresentato dalla sussistenza di un segreto tecnico o commerciale che sia opposto dall’impresa controinteressata. Si tratta di un quid pluris rispetto alla mera riservatezza della documentazione oggetto dell’accesso che non sarebbe di per sé sola sufficiente a prevalere sul diritto esercitato dall’istante. Al contrario affinché l’opposizione (totale o anche solo parziale) all’ostensione sia giustificabile prima dalla Stazione Appaltante e successivamente in sede giurisdizionale, è necessario che la dichiarazione di riservatezza sia articolata in termini non generici, che operi un preciso riferimento alle caratteristiche ed all’oggetto dell’appalto o alle particolarità dell’offerta proposta. In sostanza è necessario che non si risolva in una mera perifrasi di stile.
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